comunicazione 2 

La comunicazione contro le discriminazioni

Lesbiche, gay, bisessuali e transgender: la formazione per la prevenzione della discriminazione


2008

La Regione Toscana ha emanato una legge (Legge Regione Toscana 63/04) per la prevenzione della discriminazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) che prevede una serie di azioni per combattere il fenomeno discriminatorio ancora oggi, purtroppo, presente a danno di persone a causa del loro orientamento sessuale o persone transgender. Tra le varie azioni sono stati previsti interventi formativi verso i dipendenti delle amministrazioni facenti capo alla Regione. Un corso di formazione è stato sperimentato nell’ambito delle attività HPH. Infatti ogni discriminazione depaupera il controllo del proprio stato di salute. Un ambiente sanitario ostile limita le possibilità di accesso alle persone LGBT.

Obiettivi: diminuire la discriminazione delle persone LGBT nelle strutture sanitarie al fine di promuovere e aumentare il controllo sul proprio stato di salute.

Target: la sperimentazione del corso ha riguardato sia personale sanitario che amministrativo di fronte-office della Azienda USL 2 di Lucca (22 partecipanti). Il target indiretto è rappresentato dalle associazioni LGBT che fruiscono dei servizi sanitari. In via sperimentale sono stati ammessi al corso anche dieci appartenenti alla Forze dell’Ordine (7 partecipanti) un dipendente della prefettura e un dipendente della Provincia di Lucca.

Azioni: nella realizzazione del corso abbiamo adottato una didattica basata sulle lezioni frontali per un terzo del corso, mentre gli altri due terzi della formazione è stata utilizzata dagli psicologi facilitare una elaborazione emotiva delle informazioni ricevute. Infatti il programma prevedeva lezioni sulle cause della discriminazione dal punto di sociologico, antropologico e sulle basi biologiche della discriminazione, lezioni sulle definizioni di omosessualità e transessualità e sulle basi biologiche e sessuologiche del fenomeno, lezioni sugli episodi di discriminazione subiti dalle persone LGBT in Italia e nel mondo, la testimonianza di una donna che, nata maschio con un identità di genere femminile, ha percorso tutte le fasi che l’hanno portata alla correzione chirurgica dell’identità sessuale. Gli psicologi (tre nel team dei docenti) lavorando con piccoli gruppi di discenti hanno sperimentato dei percorsi esperienzali sul vissuto discriminatorio legato alla diversità.

Materiali didattici: abbiamo fornito gratuitamente ai partecipanti due libri: “Positivo scomodo” e “Pazienti imprevisti”.

Valutazione dei risultati: Per valutare l’apprendimento è stato preparato un questionario di 10 item somministrato ai discenti prima e dopo il corso. E’ stato chiesto ai discenti di lasciare anonimo il questionario e di non consultarsi tra loro. Le differenze riscontrate nei risultati dimostrano l’efficacia nell’apprendimento. Ad esempio, la semplice definizione di omofobia era nota al 61% dei partecipanti prima del corso e al 97% dei partecipanti alla fine del corso. Anche la definizione di omosessualità data dall’OMS è stata scelta come risposta esatta solo dal 73% dei partecipanti al corso, mentre alla fine del corso la risposta esatta è stata scelta dal 94% dei partecipanti. La valutazione del lavoro svolto con gli psicologi non è facilmente oggettivabile come lo è l’acquisizione, tuttavia dalla relazione degli psicologi si evince che ogni gruppo ha partecipato attivamente ai lavori proposti e che i singoli hanno contribuito all’elaborazione del contenuto emotivo suscitato dalla formazione.

Abbiamo fatto una valutazione di gradimento. Abbiamo chiesto di valutare con una scala di cinque punti sia l’interesse dell’argomento che la qualità dell’esposizione. La media complessiva dei punteggi è stata molto elevata: 4,2/5.

Conclusione: esistono gruppi di popolazione nei nostri ambiti ospedalieri che possono subire episodi di discriminazione. Talvolta anche solo un ambiente che non rispetta pienamente la dignità dell’essere umano può essere un ostacolo al raggiungimento dello stato di salute nella popolazione. L’HPH con la sua rete di ospedali può svolgere un ruolo fondamentale nel prevenire in ambito sanitario ogni forma di discriminazione potenziando il controllo dello stato di salute. L’attenzione dei diritti umani e la loro piena realizzazione ed esercizio sono le basi per una sanità che offre salute a tutti.

Corso sulla Discriminazione ai tempi dell' AIDS 


Nel novembre 2009 , si tiene a Lucca un Corso dedicato alla lotta contro le discriminazioni  soprattutto in ambito sessuale verso persone LGBTQ+ che fossero venute in contato con il mondo sanitario. Il corso era dedicato alla forze dell'ordine e a personale sanitario allo scopo di prevenire e trattare episodi di discriminazione. Il corso è stato un esempio di come la Comunicazione e la Relazione siano strumenti importanti per gestione delle relazioni sociali in situazioni come il bisogno e la malattia, in cui una volta di più si evidenzia la assoluta parità di condizioni di ogni appartenente al genere umano.

Alcuni argomenti trattati

La genesi della discriminazione: visione sociologica, antropologica ed evolutiva , Renzo Piz

Confrontarsi con al diversità degli orientamenti sessuali. lavori esperienziali, Ornella Fulvo, Elvio Raffaello Martini, Mario Betti

Conoscere per non discriminare: HIV epidemiologia e modalità di trasmissione, Michele Di Gennaro

I mezzi di comunicazione di massa nell'epoca dell'AIDS, Sergio Ardis

Gay e lesbiche: benessere psicosociale e salute sessuale,Pietro Amat

Assistenza infermieristica alle persone HIV positive, Cinzia Nanni

Proteggersi senza discriminare: le precauzioni universali, Annamaria Perri

Interpretazione simbolica del corpo e della malattia, Moreno Marcucci

Aspetti scientifici dell'orientamento sessuale dell'identità di genere, Ciro Basile Fasolo

Attraverso i generi: maschile e femminile, Fabiana Tozzi

La discriminazione:l'etica, la deontologia e le altre norme, Sergio Ardis

La discriminazione delle persone LGBT: normative regionali ed applicazione, Marco lelli


Il Corso viene ripetuto annualmente fino al 2013.

Il PROGETTO
PAZIENTI NON PREVISTI IN OSPEDALE

 

La  Regione Toscana, sensibile all tematiche del rispetto della persona in ogni condizione di salute e di malattia,  qualche anno fa  ha pubblicato un piccolo volumetto dal titolo PAZIENTI NON PREVISTI IN OSPEDALE, sull' Atteggiamento del personale sanitario, verso la popolazione lesbica, gay, bisessuale e transessuale (LGBT).

La ricerca e la redazione del report è stata coordinata e curata da 

Renzo Piz, Responsabile Unità Operativa Educazione alla Salute e Bioetica, Azienda USL 5 di Pisa

Gruppo di lavoro:

Angela Simonelli - referente Educazione alla Salute SdS Lunigiana ASL 1 Massa Carrara, Lucia Corrieri Puliti - Direttore U.O. Educazione alla Salute ASL 2 Lucca, Sergio Ardis - Coordinatore Comitato Etico Locale ASL 2 Lucca, Renzo Piz - Responsabile U.O. Educazione alla Salute e Bioetica ASL 5 Pisa, Fioretta Pratesi - Responsabile U.O. Educazione alla Salute ASL 6 Livorno, Maria Vittoria Sturaro - Responsabile U.O. Educazione alla Salute ASL 12 Viareggio, Gabriella Giuliano - Direzione Sanitaria Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

Il gruppo è stato coordinato da Marco Lelli - Funzionario della Direzione Generale Diritti di Cittadinanza e coesione sociale della Regione Toscana.

Consulenza scientifica:

Sergio Ardis, Coordinatore Comitato Etico Locale USL 2 Lucca, Ciro Basile Fasolo, Professore Aggregato Dipartimento di Medicina Interna, Università di Pisa

dalla prefazione


La sessualità è legata a doppia mandata alla qualità di vita e va da sé che ogni alterazione della prima si tramuta in uno scadimento della seconda. Quindi, ogni intervento mirato a riportare la sessualità ad un buon equilibrio, mediante la correzione di uno stato di anormalità, si traduce, di fatto, in un’azione sull’ intera persona e sulla sua qualità di vita.

Porgere ascolto alla persona che soffre, aiutarla ad affrontare problemi fisici e psichici, impostare un pronto e corretto approccio deve essere la base di una relazione medico-paziente che riguarda tutti i componenti della filiera della salute.

Interventi come la chirurgia estetica, il trattamento ormonale o la  chirurgia del sesso, per quanto profondamente invasivi della integrità corporea, pur tuttavia proprio agendo attraverso il corpo (l’io somatico), diventeranno, anche, terapia della mente e, quindi, curando mente e corpo, si curerà l’intera identità della persona.

Il medico attraverso la comprensione delle modalità comunicative del paziente, può aiutarlo a porre rimedio al problema, passando da una semplice attinenza a prescrizioni terapeutiche (la compliance) ad un momento di partecipazione attiva nella gestione della terapia assegnata (empowerment), in una nuova forma di cooperazione.

Una parola, troppo spesso usata ed abusata, talora rifiutata, il counselling, comprende l’intero processo della comunicazione tra la persona e tutte le figure “care-giver” della stessa, e può essere spiegata e riassunta con tre termini: conoscere, capire, comunicare. Questi, trovano l’applicazione in un’altra parola da sempre molto significativa per ogni operatore sanitario: curare, nel senso di “prendersi cura”.

Le ragioni per cui una comunicazione con la persona che chiede aiuto diventa difficile sono molteplici, da una parte per la ritrosia da paziente a confidare perfino al proprio medico curante i suoi problemi intimi, come quelli relativi alla sessualità, dall’altra per la difficile posizione del sanitario, il quale non è preparato ad approcciare suddette problematiche, che richiedono una formazione apposita, ed è così che, da entrambe le parti, si finisce per sorvolare, se non, addirittura, evitare l’argomento.

Tematiche inerenti la salute sessuale, in primis quelle relative all’orientamento sessuale, possono condurre ad una diagnosi non corretta, ad una peggiore gestione della malattia e ad una diminuita compliance con le cure o i controlli di routine.
La scarsa familiarità con le tematiche inerenti l’orientamento sessuale può suscitare imbarazzo sia per il paziente che per il medico, innescando autocensure e dando luogo a percezioni erronee e difficoltà comunicative. Ciò significa che sarebbe necessario avere momenti di formazione specifica durante il periodo universitario e post-universitario; assumere un ruolo attivo durante la visita; porgere domande aperte prive di pregiudizi ed, infine, cascolatre con attenzione la storia umana e medica della persona.

Il ruolo dei sanitari nel quadro della gestione della sessualità è fondamentale, non solo per l’impostazione di corretti protocolli diagnostici e terapeutici, ma soprattutto nel far emergere problemi e patologie, tanto taciuti dal paziente quanto invalidanti ai fini della qualità di vita. Questa passa necessariamente attraverso una migliore comunicazione tra i vari soggetti di questo scenario: medici, operatori della salute, pazienti, partners, media, industria, providers di educazione. Tutti possono e debbono uscire dalla loro “turris eburnea”, per praticare una medicina proattiva e di “iniziativa”, per implementare lo scambio reciproco di informazioni, al fine di promuovere una più precoce presa di coscienza di un disagio o problema sessuale, con un conseguente corretto approccio terapeutico, prima che il sistema-paziente si deteriori in maniera irreversibile.

La sessualità è una dimensione totalmente pervasiva dell’essere umano e, talvolta, è molto difficile coglierne le componenti. La prospettiva di approccio da molti anni in uso è la prospettiva bio-psico-sociale e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità più volte ha ribadito, a proposito della salute sessuale, che questa consiste in Benessere fisico, emozionale, mentale e sociale collegato alla sessualità.

La persona umana, intesa come essere unico nelle sue componenti biologiche e psicologiche sviluppa pensieri, convinzioni, desideri, valori etici, fattori spirituali, che si estrinsecano in tendenze, comportamenti, abitudini, che continuamente si raffrontano con leggi, situazioni economiche, ambienti sociali e politici. A questo si aggiungano da una parte le componenti genetiche e gli eventi di vita, quali malattie, traumi, stili di vita, abitudini voluttuarie. La sessualità ha, dunque, aspetti e valenze fisiche, psichiche, relazionali e sociali che comprendono tutta la persona nella sua integrità e ogni problema sessuale si traduce in un attacco a tutta la persona e alla autostima. Una sessualità pienamente agita, attraverso il processo di gratificazione sessuale rinforza l’identità, mentre un suo fallimento genera una spirale di eventi, che alla fine ne minano profondamente le basi.

Un intervento terapeutico deve essere intrapreso il prima possibile, cioè prima che si formi quella catena di eventi intrapsichici e relazionali che sgretolano la persona e la sua vita di realzione.

Di fronte ad una condizione di disagio sessuale o a scelte di vita che la società non condivide, o peggio ancora, irride e perseguita, il vero problema è shakespeariano: Dirlo o non-dirlo? E a chi? E quando? In che modo ?

Queste le angosciate domande che si pone spesso la persona. E non solo questi, perché anche il Medico e i vari caregivers, spesso, si pongono più o meno le stesse domande: chiederlo, non chiederlo? E come? E quando? E in che modo?

Di fronte alla richiesta di aiuto per un problema sessuale occorre:
1. Accogliere sempre e comunque la richiesta, ascoltando la persona in modo empatico. Spesso il

sintomo che spinge a chiedere aiuto nasconde una più vasta sofferenza e copre un altro disturbo,

 2. Chiedere alla persona:

  • ·  cosa sente, come si sente emotivamente, ovvero come la persona ha vissuto e vive il problema sessuale, che impatto ha avuto sulla sua identità sessuale, personale e di coppia e sulla sua qualità di vita;
  • ·  cosa pensa, ovvero che idea si è fatta razionalmente del problema sessuale, quali possono essere le cause, il decorso, le conseguenze;
  • ·  quali sono le condizioni del corpo: ovvero i cambiamenti a livello fisico, le indagini effettuate e i trattamenti messi in atto.

3. Raccogliere sistematicamente:

  • ·  la storia medica (familiarità di malattie, interventi, traumi e uso di farmaci nelle varie fasi della vita);
  • ·  lo stile di vita (alimentazione, fumo, alcol, droghe, sport, etc.);
  • ·  l’inizio e lo sviluppo del sintomo o del disagio sessuale riportato: epoca, modalità, evoluzione;
  • ·  ricostruire, con la persona, la sua storia (educazione ricevuta, rapporti con i genitori, la scuola,l’ambiente, etc.), analizzare il sistema relazionale della persona: partner, figli o loro assenza, il mondo lavorativo e il rapporto con il capo.

4. Visitare la persona o affidarsi ad uno specialista di riferimento (andrologo, ginecologo), che sia formato

dal punto di vista sessuologico ad affrontare una persona con un problema sessuale. Un approccio medico superficiale o “sbagliato” può aggravare un disturbo già di per sé invalidante.

5. Non banalizzare o ridicolizzare mai la richiesta di aiuto, ma tranquillizzare la persona e /o la coppia. 6. Impostare una strategia globale di approccio terapeutico che tenga conto di tutti i fattori in gioco.
7. Non giudicare mai.

‘Curare’ un problema sessuale, vuol dire “prendersi cura” della persona intera, confrontarsi con i valori, le credenze, i pregiudizi, le aspettative della persona stessa e del partner e stabilire un iter terapeutico, per quanto possibile, condiviso.


Ciro Basile Fasolo